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Classificazione e stili della birra

In questa sezione vengono presi in esame i metodi di classificazione delle birre e gli stili birrari più diffusi al mondo.

La classificazione

La classificazione della birra può essere effettuata in diversi modi, in base a (click/tap sul titolo della classificazione):

Come è già stato illustrato, esistono tre tipi di fermentazione: alta, bassa e spontanea.

Da questi tre tipi di fermentazione che, come si è visto, utilizzano lieviti e procedure tra loro differenti, nascono tre grandi famiglie di birre:

  • Ale
  • Lager
  • Lambic

Le birre Ale  vengono prodotte con lieviti Saccharomyces Cerevisiae mediante il sistema della “alta fermentazione”. Sono diffuse in tutto il mondo, particolarmente tra i cosiddetti microbirrifici, per quanto le radici siano da ricercare nella cultura dei paesi anglosassoni.

Le Lager  vengono prodotte con lieviti Saccharomyces Carlsbergensis, mediante il sistema della “bassa fermentazione”. Sono tra le più diffuse sul mercato.

Le Lambic – che di fatto appartengono anch’esse alla famiglia delle Ale – sono maggiormente diffuse nelle regioni meridionali del Belgio e prevedono la fermentazione spontanea, sempre aerobica, con lieviti e batteri selvaggi.

La classificazione in base al colore distingue tre grandi famiglie di birra:

  • chiara, o bionda
  • ambrata, o rossa
  • scura, o nera

Questa è, in realtà, una classificazione empirica, in quanto la vera classificazione in base al colore si basa sulle scale colore SRM (Standard Reference Metod), utilizzate maggiormente negli USA, oppure EBC (European Brewers Convention). Entrambe si riferiscono al reale colore della birra misurato con uno spettrofotometro, facendo attraversare la birra da una luce con precise caratteristiche di intensità e temperatura colore. La scala SRM va da 1 a 40+, dove al valore 1 è associata una birra molto chiara, quasi trasparente, ed al valore 40 una birra molto scura, quasi impenetrabile. L’indicazione 40+ si riferisce a colorazioni oltre il 40, ossia a birre tendenti al nero e impenetrabili alla luce. La scala EBC è simmetrica alla scala SRM, ma con un fattore moltiplicatore che la rende più alta:

EBC = SRM x 1.97

Ad esempio, al valore 13 SRM equivale il valore 26 EBC. Sulle etichette di alcune birre, specie tra quelle più pregiate, viene indicato il valore SRM o EBC, insieme ad altri parametri come il grado PLATO e il grado IBU, che saranno illustrati più avanti.

Il grado alcolico viene indicato obbligatoriamente in etichetta. Così come per il vino, è più corretto parlare di titolo alcolometrico volumico, ossia della percentuale di etanolo contenuta nel prodotto. Può essere espresso con l’acronimo internazionale ABV (Alcohol By Volume), con lo stesso significato. Nel caso della birra, viene spesso utilizzato il termine “forza alcolica” per indicare il contenuto di alcol etilico.

Il grado PLATO, che non sempre viene indicato in etichetta, nella birra rappresenta la misura di densità ed è determinato dalla percentuale di estratto secco – principalmente zuccheri – presente nel mosto prima della fermentazione. Ad esempio, una birra con grado PLATO pari a 12 deriva da un mosto che, prima della fermentazione, contiene circa 120 grammi di estratto secco (quasi esclusivamente zuccheri) per litro. Il grado PLATO è in stretta relazione al titolo alcolometrico, ricordando tuttavia che l’estratto secco, per quanto formato in prevalenza da zuccheri, per definizione è composto da tutte le sostanze non volatili presenti nel mosto, quindi, oltre agli zuccheri, le sostanze che contribuiscono al corpo e alla struttura della birra, tra cui sali minerali, proteine, e altri composti. In gergo, la densità viene spesso indicata come “gravità”; più precisamente si definisce OG (Original Gravity) la gravità del mosto, e FG (Final Gravity) la densità della birra finita. Il dato ABV della birra finita, purché non rifermentata, è dato dalla formula:

(OG – FG)  /  7.5

Ad esempio, una birra non rifermentata con OG = 1070 e FG = 1018, avrà un ABV pari a

(1070 – 1018) / 7.5 = 6.93

ossia un ABV indicato in etichetta pari al 7,0%. Nel caso della birra rifermentata, il parametro ABV è leggermente superiore (normalmente di circa 0,5%) a causa dell’alcool prodotto durante la rifermentazione.

In base al titolo alcolometrico e al grado PLATO, in Italia si suddividono le birre in 5 categorie:

  1. Analcolica
    PLATO° compreso tra  3 e 8, e titolo alcolometrico inferiore o uguale a 1.2%
  2. Light o Leggera
    PLATO° compreso tra 5 e 10.5, e titolo alcolometrico compreso tra 1.2 e 3.5%
  3. Birra (standard)
    PLATO° compreso tra 10.5 e 12.5 e titolo alcolometrico superiore a 3.5%
  4. Birra speciale
    PLATO° compreso tra 12.5 e 14.5 e titolo alcolometrico superiore a 3.5%
  5. Doppio malto
    PLATO° superiore a 14.5 e titolo alcolometrico superiore a 3.5%

Molti consumatori di birra ignorano il fatto che la cosiddetta birra “doppio malto” non è necessariamente sinonimo di maggiore qualità o pregio. Si tratta semplicemente di una classificazione fiscale esclusivamente italiana; infatti, in Italia il calcolo delle accise applicate alla commercializzazione delle birre viene effettuato in base alla appartenenza ad una delle 5 categorie sopra indicate. La birra “doppio malto” è semplicemente una birra la cui tassazione è maggiore rispetto, ad esempio, ad una birra speciale, che a sua volta subirà una tassazione superiore rispetto, ad esempio, ad una “Light”.

Quindi, per quanto si tratti di una usanza molto diffusa, richiedere una birra doppio malto al bancone di una birreria non ha molto senso, poiché significa semplicemente richiedere una delle molteplici tipologie di birra presenti sul mercato mondiale, avente grado PLATO superiore a 14.5 e titolo alcolometrico superiore a 3.5, alla cui commercializzazione vengono applicate le accise massime dal fisco italiano. Per la stessa ragione, la definizione “doppio malto” non ha alcun riscontro al di fuori del territorio italiano.

E’ tuttavia doveroso sottolineare che il termine “doppio malto” viene spesso utilizzato, come efficace tecnica di marketing, dal personale delle stesse birrerie e dei pub, e persino da alcuni produttori di birra destinata al mercato italiano – indicando “doppio malto” in etichetta – consapevoli che il consumatore medio italiano attribuisce a questo termine un significato distorto, ossia tende ad attribuire maggior valore alla birra “doppio malto” in modo del tutto arbitrario, ed è quindi disposto a pagarla … un po’ di più delle altre!

Il grado di amarezza di una birra viene indicato sulla scala IBU (International Bitterness Unit). Come già illustrato nella prima parte del corso intitolata “Produzione della birra”, la tipica percezione dell’amaro in bocca viene fornita da alcuni acidi contenuti nel luppolo, identificati come acidi alfa e acidi beta. La quantità e le varietà dei luppoli utilizzati, nonché il tempo di permanenza nel mosto durante la bollitura, determina la concentrazione di luppolo e di acidi nel mosto e, di conseguenza, il grado IBU della birra finita.

Ciò nonostante è bene precisare che il grado IBU, di per sé, non è sufficiente a fornire indicazioni in merito alla percezione del gusto amaro riscontrabile in una birra. Infatti, l’amaricante del luppolo ha il preciso scopo di compensare la tendenza dolce fornita dal malto e da eventuali residui di zucchero, al fine di raggiungere una birra con un corretto equilibrio gustativo, equilibrio che dipenderà anche dallo stile della birra, dalle sue tradizioni e dalla specifica ricetta del mastro birraio.

Questo significa che, a parità di stile birrario e di varietà di birra, un elevato grado IBU non necessariamente debba indicare una birra più amara, bensì è più probabile che venga interpretato come indicazione di una birra più corposa o meno attenuata (ossia con una minore percentuale di zuccheri trasformati in alcol), spesso dove è stata utilizzata una quantità maggiore di malto che deve pertanto essere controbilanciata da una maggiore quantità di luppolo. E viceversa, un grado IBU basso non necessariamente indica una birra con tendenza dolce al gusto, bensì è più probabile che stia ad indicare una birra poco corposa o molto attenuata, dove è stata utilizzata una minore quantità di luppolo in relazione ad una quantità di malto più modesta e/o ad una percentuale più alta di zuccheri trasformati.

La maggior parte delle birre commerciali ha un grado IBU intorno al 16; birre prodotte con grandi quantità di malto e, di conseguenza, di luppolo, possono arrivare a valori IBU prossimi al 70. Per quanto esistano in commercio birre con grado IBU superiore a 100, questo valore rappresenta un limite tecnico di percezione dell’amaro, oltre al quale diventa quasi impossibile poterne ravvisare differenze di gusto.

Il grado IBU non sempre viene indicato in etichetta. Quando indicato, viene normalmente accompagnato dalla indicazione del grado PLATO.

Viene riportata di seguito la copia della scheda tecnica della birra “Super Bitter” Baladin®, tratta dal sito www.baladin.it di proprietà della Baladin®. Si possono notare, tra le altre indicazioni, quelle del titolo alcolometrico (grado alcolico), del grado PLATO, il range di gradazione colore in base alla scala EBC, ed il grado di amaro IBU.

Gli stili birrari

In questa sezione viene sviluppata la catalogazione dettagliata e completa dei principali stili birrari, suddivisa in base al paese di origine o provenienza.

Per ogni stile birrario vengono fornite indicazioni di massima sulle caratteristiche organolettiche che lo contraddistinguono, oltre ai valori medi dei gradi IBU, PLATO, SRM e ABV; infine, vengono elencati alcuni produttori esteri e italiani, questi ultimi facilmente identificabili poiché indicati con il simbolo ♥.

E’ bene precisare che gli stili birrari spesso si assomigliano o si sovrappongono tra loro, così come occorre tenere in considerazione che, essendo la birra – come il vino e molti altri prodotti commerciali – soggetta alle mode e alle tendenze di mercato, anche gli stili birrari si evolvono e cambiano nel tempo, pur mantenendo un collegamento con le proprie origini. Non per ultimo, vale la pena ricordare che anche gli ingredienti possono subire delle piccole variazioni: la continua ricerca nella selezione di nuove varietà di luppoli, o di ceppi di lieviti con caratteristiche particolari; l’utilizzo di sistemi, materiali e tecnologie più moderne durante la produzione e la maturazione della birra; la attenta selezione di nuove varietà o cloni di cerali, sono tutti elementi che portano inevitabilmente alla modifica, seppur contenuta, delle tipicità riferite ai singoli stili birrari, ovvero alla nascita di nuovi stili di impronta più moderna.

Questo significa che qualsiasi catalogazione degli stili birrari, oltre a possedere una certa obsolescenza intrinseca, non dovrebbe essere interpretata come un libro “sacro” di ricette né come un disciplinare di produzione, bensì come orientamento generale alle caratteristiche tipiche di ogni singolo stile (linee guida), consapevoli che il mastro birraio potrà metterci quel “tocco” di personalizzazione che permetterà di rendere unico e distinguibile il suo prodotto, per quanto riconducibile ad un determinato stile birrario.

Un’ultima considerazione è doverosa per quanto riguarda le cosiddette birre trappiste. Le birre trappiste, o trappist beer, non rappresentano uno stile birrario; semmai, al contrario, esistono alcuni stili birrari – come Tripel, Dubbel, Belgian Dark Strong Ale ed altri – che si ispirano al metodo trappista. Sarebbe quindi più corretto considerarle come birre appartenenti ad un disciplinare, ossia ad una serie di regole di produzione che devono essere rispettate dal produttore e che fanno riferimento alla Associazione Internazionale dei Trappisti.

La regola fondamentale di questo disciplinare è che una birra può definirsi “trappista” e riportare quindi in etichetta la dicitura “Authentic Trappist Product” solo se prodotta all’interno di un monastero cistercense (o abbazia) dell’ordine dei Trappisti (dal monastero di La Trape, in Francia, da cui ha avuto origine nel 1664). Un’altra regola importante impone che i proventi derivanti dalla vendita delle birre siano destinati esclusivamente o prevalentemente al sostentamento dei monaci e del monastero oppure ad opere di carità, quindi senza alcun fine di lucro.

Esistono 176 monasteri trappisti nel mondo, tuttavia solamente 12 producono birra in proprio e possono quindi fregiarsi della indicazione in etichetta; di questi, sei monasteri sono in Belgio, due in Olanda, uno negli Stati Uniti, uno in Austria, uno in Italia e un altro in Gran Bretagna:

  1. Bières de Chimay
  2. Brasserie d’Orval
  3. Brasserie de Rochefort
  4. Brouwerij Westmalle
  5. Brouwerij Westvleteren
  6. Brouwerij de Achelse Kluis
  7. Brouwerij de Koningshoeven
  8. Stift Engelszell
  9. Maria Toevlucht
  10. St. Joseph’s Abbey of Spencer
  11. Abbazia delle Tre Fontane
  12. Mount St Bernard Abbey

Molti produttori di birra, in particolare i microbirrifici, richiamano spesso in etichetta lo stile trappista identificando il loro prodotto come “birra d’abbazia” oppure come “birra ispirata allo stile d’abbazia”, o con altre diciture di fantasia che richiamano i monasteri trappisti o le birre di abbazia. Si tratta di birre prodotte da birrifici commerciali oppure da monasteri non trappisti che a volte si ispirano, nello stile o nella presentazione in etichetta, alle birre trappiste. E’ ovviamente un escamotage marketing motivato dal fascino e, in alcuni casi, dalla rarità delle originali birre trappist.

birra trappista

Per quanto non corretto, se volessimo riassumere le birre trappiste in un unico stile birrario potremmo identificarne alcuni caratteri comuni: si tratta innanzitutto di birre ad alta fermentazione e rifermentate in bottiglia, in genere con elevata attenuazione (percentuale di zuccheri trasformati in alcol) e pertanto particolarmente secche, spesso dotate di buona forza alcolica, buona gravità, alta carbonazione ed un interessante componente di lievito. Ciò nonostante, come già detto le birre trappiste attualmente in commercio riportano caratteristiche organolettiche abbastanza eterogenee.


INDICE

ATTENZIONE: la lista seguente è in corso di allestimento, pertanto l’indice degli stili birrari è incompleto.

Click/tap sul nome del paese o dello stile birrario.

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